Sinossi
Ironia, dramma, teatro nel teatro, incomunicabilità, surrealità, dissoluzione: gli ingredienti più caratteristici della ricetta pirandelliana – presenti in particolare in questo testo (certamente fra i più complessi della drammaturgia del Novecento) – sono alla base dell’allestimento ideato dal regista Giampaolo Romania, nel pieno rispetto della tradizione.
Con in più, però, una variante: il cospicuo numero degli attori in scena (reso necessario dall’espediente meta- teatrale ideato dall’autore) viene ridotto a tre, in un gioco di illusioni e di trasformismi che, ben lungi dall’essere un mero effetto capzioso, cerca di interpretare fin nel profondo le istanze più vere (ed inquietanti) della poetica pirandelliana.
Se la signora Morli è “una e due”, se Vitangelo Moscarda è “uno, nessuno e centomila” e Mattia Pascal e` al contempo Adriano Meis, qui i tre attori in scena sono contemporaneamente “tutti” e “nessuno”.
Estremizzando l’originario gioco pirandelliano, sono non più soltanto i personaggi ma anche gli attori ad indossare apertamente delle “maschere” (più in senso metaforico che reale), fino ad annullarsi nella nuova drammaturgia cosi` ri-arrangiata: il risultato non e` quello di un nulla assoluto, bensì – in maniera volutamente paradossale – quello di esaltare le individualità delle quali di volta in volta gli attori vestono i panni.